Arte condivisa e valore pedagogico dell'errore. Alla scoperta delle Drawing Machine
In occasione della mostra “amici o pittori” ideata dall’artista Marco Emmanuele ed accolta dalla Fondazione Pastificio Cerere, gli studenti della classe IV H del Liceo Artistico G. C. Argan, accompagnati dalle professoresse. Roberta Mandoliti e Stefania Lo Bianco, hanno avuto modo di partecipare attivamente alle macchine-sculture progettate dall’artista al fine di condividere l’esperienza del disegno, della pittura, nonché il valore dell’errore implicito al medesimo uso delle macchine-sculture per sperimentarne l’aspetto profondamente formativo.
Le Drawing Machine sono dei dispositivi in grado di realizzare segni seriali a partire dalle movenze di un soggetto-guida. Ad esso sono raccordate le esperienze di altri soggetti che, grazie ai legami generati dalla macchina, interagiscono direttamente con il suo intento generativo.
A partire da questa molteplicità del segno si ottiene un linguaggio nuovo che mette in campo le istanze umane e l’operato della macchina. Tale risultato appare ancora più evidente perché esprime la soggettività del suo interlocutore. Normalmente una macchina viene progettata affinchè funzioni perfettamente da sola, ma ogni qualvolta si innesta un uomo alla macchina per collaborare, questa sbaglia (o loro sbagliano). L’interferenza uomo-macchina si manifesta laddove una certa dose di imprevisto, altrimenti definito malfunzionamento, interviene nel guidare le movenze collettive. Questa esperienza fatta del legame concreto tra i partecipanti e la macchina consente, paradossalmente attraverso una limitazione fisica, la costruzione di una relazione mentale condivisa ed aperta in un rispetto sinergico. Il lavoro così diventa un’operazione di ascolto.
La Drawing machine non è solo uno strumento per disegnare ma anche per indagare. Pensare di costruire una macchina in grado di emulare alcune funzioni proprie dell’uo- mo per poi portarlo all’errore, non è un atto di presunzione o arroganza. Al contrario, incarna l’umile sforzo di chi, attraverso tentativi ed errori, cerca di sviluppare e perfezionare dei modelli concreti per comprendere una porzione di mondo.
Ciò che più è emerso da tale sperimentazione dal sapore pedagogico, è stato il desiderio di socialità, di cura e comunicazione con e per l’altro/a perfino nel processo creativo caratterizzato perlopiù da un dialogo interiore col proprio sé.
In breve, gli studenti hanno visto, toccato, ascoltato, condiviso, e sperimentato “giocando”, lontani dal timore di “errare”.
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